Può sembrare una provocazione dire che le donne italiane in politica non sono incisive. E lo sarà anche, tanto più che viene da un uomo, il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. Ma dato per scontato tutto quel che c’è da dare per scontato, ossia che nel nostro Paese, in qualsiasi campo, le donne partono svantaggiate, c’è un fondo di verità in questa affermazione. In Germania Angela Merkel è arrivata in vetta tagliando il cordone ombelicale che la legava a Helmut Kohl.In Francia Ségolène Royal ha combattuto contro tutti i leader del suo partito, marito incluso, per strappare la candidatura alla presidenza della Repubblica. E che poi le sia andata male perché all’Eliseo c’è salito Nicolas Sarkozy non vuol dir niente: la sua battaglia nei confronti degli uomini del Psf l’ha vinta. In Italia invece, nel centrosinistra come nel centrodestra, accade che le donne in politica finiscano per fare le ausiliarie. Vengono cooptate dal leader o dal capo-corrente di turno continuando a fargli da gregarie, senza tentare di conquistare la propria autonomia. Naturalmente ci sono valide eccezioni. Ma è senz’altro più facile e più comodo crescere all’ombra di un uomo che ha già raggiunto una posizione di spicco nel suo partito. Ecco qual è il problema: le donne politiche in Italia hanno rinunciato a un sano conflitto con il sesso opposto. In compenso, alcune si mostrano agguerrite quando si tratta di mettersi in competizione con una collega. Ma se si fatica a capire che la politica è una corsa tra uomini e donne, dove tutti scendono in pista e il percorso è lo stesso per tutti, è difficile che si riesca a spuntarla come Merkel o Royal. Se ci si riduce nel recinto della cooptazione, siccome ogni posto dato a una donna è un posto tolto a un uomo, è ovvio che nel governo si avranno solo strapuntini, mentre la presidenza del Consiglio, il ministero dell’Economia o quello dell’Interno resteranno miraggi. Lo sa bene una protagonista della politica come Emma Bonino che a quel sano conflitto e alle sue battaglie del passato non ha mai rinunciato. Il paragone potrà sembrare bizzarro e fuori luogo, ma il caso delle veline ha rivelato che ormai una parte delle donne italiane ha un’inclinazione eccessiva per le strade più facili e più comode. È ovvio che le nostre parlamentari non sono veline, sono politiche preparate, capaci e impegnate, com’è ovvio che le veline spesso e volentieri sono intelligenti e hanno studiato ballo, canto e recitazione. Nella Prima Repubblica, però, le donne contavano più di adesso. Un nome per tutte, Nilde Iotti. Era autorevole e stimata non perché fosse stata la compagna di Togliatti, ma perché da presidente della Camera decideva per conto suo, bocciando molto spesso le richieste dei leader del Pci. Le quote rosa la lasciavano indifferente, il conflitto politico con gli uomini del suo partito, no, perché sapeva di essere perfettamente in grado di competere con loro. Se le parlamentari italiane vogliono dimostrare quello che sanno fare, per quanto paradossale possa sembrare devono imparare anche a guardare alle loro spalle, a quel passato che oggi è stato rimosso ma che non è tutto da buttar via.
Da Il Corriere della Sera di oggi 4 giugno 2009
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